Scoperto un indicatore rapido di attività sinaptica nella barriera ematoencefalica

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 21 gennaio 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Come ricordava qualche anno fa il professor Rossi, un gran numero di dati sperimentali ha suggerito che le funzioni encefaliche sono in gran parte determinate da una complessa interazione di differenti tipi cellulari, quali elementi gliali, neuroni, cellule dell’endotelio cerebrale e periciti, che ha dato origine al concetto di unità neurovascolare (NVU, da neurovascular unit). Una delle funzioni principali della NVU è la costituzione di un’attiva interfaccia fra il sangue dei capillari del sistema nervoso centrale e il fluido extracellulare dei neuroni e della glia, cui si dà il nome di barriera emato-encefalica (BEE). In effetti, per un corretto funzionamento dell’encefalo dei vertebrati è necessaria una precisa regolazione del microambiente interno e uno stato stabile dei livelli di ioni, neurotrasmettitori, ormoni ed altre sostanze biologicamente attive. A questo fine, si sono evolute due barriere che agiscono da filtri attivi e selettivi: la BEE e la barriera fra il sangue dei plessi corioidei e il fluido cerebrospinale dei ventricoli cerebrali[1]. Riprendendo le parole di Giovanni Rossi: “Attualmente si ritiene che una parte importante della flessibilità di risposta del sistema nervoso centrale alle necessità critiche dell’organismo e alle richieste neurofisiologiche interne, derivi dall’orchestrazione funzionale di un’enorme rete eterogenea ed integrata, cui prendono parte neuroni, astrociti, microglia, periciti, cellule muscolari lisce dei vasi e cellule endoteliali che, insieme, costituiscono appunto l’unità neurovascolare[2]. Il rilievo di tale dispositivo morfo-funzionale si comprende facilmente se si considera che lo troviamo alla base di ogni attività cerebrale, incluse le funzioni psichiche. Per tale ragione, gli studi che analizzano ed interpretano la sua fisiologia, peraltro ancora poco nota, sono del massimo interesse in chiave neurobiologica, neurologica e neuropsichica. Gli sviluppi di questa ricerca, infatti, potrebbero fornire nuove chiavi fisiologiche e fisiopatologiche per l’interpretazione di processi e manifestazioni cliniche di numerosi disturbi neurologici e psichiatrici.

Lo studio della fisiologia del piede terminale degli astrociti in sezioni sottili di ippocampo di topo ha consentito a Langer e colleghi di scoprire una segnalazione del sodio da parte di queste strutture, che funge da indicatore rapido di attività sinaptica presso la BEE costituendo, con ogni probabilità, una componente importante dell’accoppiamento neuro-metabolico cerebrale.

(Langer J., et al. Rapid sodium signaling couples glutamate uptake to breakdown of ATP in perivascular astrocyte endfeet. Glia 65 (2): 293-308, Feb. 2017).

La provenienza degli autori è la seguente: Faculty of Mathematics and Natural Sciences, Institute of Neurobiology, Heinrich Heine University Duesseldorf, Duesseldorf (Germania); Institute of Anatomy II, Goethe-University of Frankfurt; (Germania); Medical Faculty, Institute of Cellular Neuroscience, University of Bonn, Bonn (Germania).

Nel 1858 Virchow descrisse e commentò la presenza della glia intorno ai vasi sanguigni cerebrali e Ramon y Cajal, già nel 1913, aveva intuito il possibile ruolo degli astrociti, rilevando che queste cellule della glia sono collocate in una posizione ideale per fare da tramite in uno scambio di informazioni fra neuroni e strutture microvascolari.

L’osservazione con i mezzi di cui si dispone oggi, a un secolo di distanza, consente di rilevare come le singole cellule dell’astroglia estendono processi in grado di entrare in contatto allo stesso tempo con altri elementi cellulari della rete astrogliale, con un numero straordinario di giunzioni sinaptiche e con elementi delle fitte diramazioni cerebrovascolari. I contatti fra astrociti e microvasi sanguigni sono stabiliti mediante i piedi terminali (endfeet), ossia dei compartimenti costituiti dall’espansione dell’estremità distale dei processi astrocitari, che normalmente avvolgono i microvasi. È importante ricordare un aspetto definito dall’osservazione microscopica: presi insieme, i piedi terminali astrocitari sono in grado di circondare completamente tutte le strutture cellulari appartenenti ai vasi invisibili dell’encefalo. Tale sottile barriera costituita dalle espansioni terminali astrocitarie che rivestono i vasi è stata in passato descritta anche con il nome di glia limitante perivascolare (glia limitans perivascularis). In termini ultrastrutturali, la continuità virtuale fra piedi terminali (dovuta a gap junctions e raramente a zonulae adherentes) copre virtualmente tutte le lamine basali lungo i vasi e la pia meninge[3]. Studi strutturali hanno fornito già da tempo supporto all’idea che i piedi terminali consentono scambi diretti di molecole di segnalazione e metaboliti fra neuroni e microvasi[4].

La struttura microvascolare è costituita da arteriole, venule e capillari: le prime sono coperte da uno strato continuo di cellule muscolari lisce che formano anuli perivasali in grado di far variare diametro e flusso per contrazione o dilatazione; le seconde, pur avendo un sottile strato di cellule muscolari lisce, ricalcano la fisiologia dei vasi a capacitanza maggiori; i capillari mancano di un simile strato e sono in diretto contatto con i periciti, che sono in grado di far variare il loro diametro[5].

All’interno delle estremità terminali astrocitarie si rinvengono fasci di filamenti intermedi, costituiti primariamente da vimentina, se il contatto è con il fluido cerebrospinale o il corpo vitreo, e dalla proteina fibrillare della glia (GFP), se il rapporto è con un vaso sanguigno. A questa regola sono state trovate delle eccezioni. L’elemento ultrastrutturale più evidente, caratteristico e distintivo della membrana di queste espansioni astrogliali è la presenza di complessi ortogonali di particelle intramembranose (OAP). Le particelle OAP presentano una disposizione polare: sono infatti accumulate sul versante perivascolare o di confine con la lamina basale, mentre mancano o sono rarissime sul versante del neuropilo. La loro costituzione molecolare, materia di dibattito in passato, ha nell’acquaporina-4 (AQP-4) il maggiore costituente.

Il piede terminale del processo astrocitario perivascolare, è attualmente considerato come un compartimento altamente polarizzato che riveste i vasi e partecipa alla costituzione della BEE. Tale  comparto funzionale sperimenta le temporanee variazioni del calcio legate all’attività neuronica, che costituiscono un fenomeno implicato nell’accoppiamento neurovascolare, e media la captazione di glucosio dal sangue, un processo stimolato nelle regioni del cervello attive.

Langer e colleghi hanno dimostrato in sezioni di tessuto nervoso ippocampale di topo che le estremità terminali dei processi astrocitari presentano una segnalazione del sodio a seguito di stimolo dell’attività sinaptica glutammatergica. Le correnti di sodio indotte dal glutammato nel piede terminale erano diminuite da TFB-TBOA: un effetto spiegabile con una loro genesi dovuta a captazione del glutammato dipendente dal sodio. Con l’applicazione di un agonista locale possono essere ristrette al compartimento terminale; l’analisi istochimica ha rivelato che l’espressione dei trasportatori GLAST e GLT-1 è prevalentemente localizzata dal lato del neuropilo, e risulta bassa sul versante vascolare dei piedi terminali.

I segnali di sodio dei piedi terminali si diffondevano ad un’apparente velocità massima di ~120 μm/s e si propagavano direttamente dalle terminazioni stimolate a quelle vicine. Tale processo di diffusione mancava nei topi con il doppio deficit Cx30/Cx43.

I ricercatori hanno rilevato che i temporanei innalzamenti del sodio determinavano una elevazione del magnesio intracellulare, indicando un decremento dell’ATP intracellulare.

In breve, rinviando per i dettagli alla lettura integrale del testo dell’articolo originale, i risultati ottenuti da Langer e colleghi stabiliscono che l’attività sinaptica eccitatoria e la stimolazione della captazione del glutammato negli astrociti, innescano temporanei incrementi di sodio nei terminali perivascolari che rapidamente si diffondono attraverso le gap junctions a tutto l’insieme dei piedi terminali fra loro collegati e causano una riduzione dell’ATP intracellulare.

La nuova segnalazione del sodio nelle estremità dei processi astrocitari scoperta da Langer e colleghi sembra costituire un rapido indicatore intercellulare dell’attività sinaptica alla BEE che, con ogni probabilità, costituisce un elemento di grande importanza per l’accoppiamento della funzione nervosa con l’attività metabolica nel cervello.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-21 gennaio 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Note e Notizie 18-05-13 Alla scoperta dei periciti del cervello.

[2] Note e Notizie 18-05-13 Alla scoperta dei periciti del cervello.

[3] Nell’occhio il corpo vitreo, insieme con i processi terminali delle cellule di Müller.

[4] Kacem K.  et al. Glia 23 (1): 1-10, 1998.

[5] Note e Notizie 18-05-13 Alla scoperta dei periciti del cervello. Cfr. per la modificazione del diametro dei capillari da parte dei periciti in risposta all’ischemia in vivo: Yemisci M., et al. Nature Medicine 15 (9):1031-1037, 2009; per la variazione del diametro capillare da parte dei periciti in vitro: Peppiatt C. M., et al. Nature 443 (7112):700-704, 2006.